DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE

La città offre terreno fertile alla partecipazione civica. Anzitutto, perché nella dimensione urbana la distanza tra cittadini e istituzioni si riduce, fino ad azzerarsi. Poi, a causa del rapporto quotidiano con il quartiere in cui si vive e con le zone della città che si frequentano abitualmente, che contribuiscono ad ampliare la percezione delle necessità. Infine, per le maggiori possibilità che hanno gli amministratori locali di sperimentare nuove politiche sul campo. Il bilancio partecipativo, le piattaforme digitali per la consultazione civica, con l’integrazione di elementi ludici, sono quasi tutte prassi nate e sviluppate – spesso con successo – a livello locale.

Questo equilibrio virtuoso di partecipazione civica di prossimità raggiunto nei contesti urbani è stato messo in discussione dalla crisi pandemica. Prima le misure emergenziali di distanziamento sociale e divieto di aggregazione, e successivamente il ripensamento delle modalità tradizionali di lavoro, apprendimento e socializzazione, hanno inciso in modo significativo sulla relazione tra spazi privati, spazi sociali e spazi lavorativi. 

I nuovi equilibri che disegnano la democrazia di prossimità hanno luci e ombre. Da una parte, nella democrazia di prossimità post-pandemica si afferma lo strumento digitale. Le tecnologie digitali offrono a tutti (almeno sulla carta) pari condizioni di accesso alla rete, riducendo così i divari tra fasce sociali di residenti. Riducono anche la distanza (reale o percepita) tra l’amministrazione che eroga un servizio pubblico e i cittadini. Il digitale offre, poi, la possibilità di lavorare o studiare da remoto, modificando le abitudini di spostamento in modo più sostenibile, e quindi arricchendo il rapporto con i quartieri e con i rappresentanti eletti.

A questa nuova fase digitale della democrazia di prossimità post-pandemica corrispondono due sfide importanti. La prima è una sfida infrastrutturale. La condizione necessaria affinché il digitale possa garantire realmente a tutti il pieno godimento del diritto di partecipazione alla vita di comunità, a prescindere dall’area in cui si abita, è la diffusione della connessione ad alta velocità su tutto il territorio. Ancora oggi, in Italia, molti centri urbani soffrono di divari infrastrutturali importanti tra centro e periferie, o tra zone densamente popolate e zone industriali.

La seconda sfida riguarda l’inclusione sociale. A dispetto della narrazione comune, il digitale può esprimere un potenziale escludente molto forte, lasciando dietro coloro che, per ragioni sociali, di reddito, di formazione culturale o di genere, vivono già ai margini della collettività. Questi ultimi anni hanno evidenziato come molte famiglie non possiedano gli strumenti tecnologici necessari e la connessione per permettere che i propri figli seguano la didattica a distanza e come ci siano ancora intere fasce di popolazione privi di alfabetizzazione digitale. L’amministrazione comunale dovrà occuparsi di queste necessità e occorrerà una classe politica che sia al tempo stesso moderna e capace di sfruttare tutte le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, ma che, al contempo, valorizzi le relazioni umane, i contatti, la prossimità e l’inclusione, fondamentali per una società più giusta.

L’obiettivo è la realizzazione concreta di una “democrazia di prossimità post-pandemica” che dia voce e spazio a nuovi futuri: quello dei lavoratori di tutte le età, quello degli anziani, quello dei giovani e delle donne, quello delle famiglie, di ogni reddito e provenienza.


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