Gli scienziati da tempo ci stanno mettendo in guardia su due emergenze parallele: la crisi climatica e la crescente disuguaglianza. Su entrambe le responsabilità dei comportamenti umani è evidente.
Secondo Oxfam il 10% di popolazione più ricca è responsabile del 50% di emissioni, il 50% più povero è responsabile del 10% delle emissioni.
Entrambe le crisi possono alimentarsi a vicenda, in una spirale drammatica.
Torino è tra le città più inquinate d’Europa e quella con la qualità dell’aria peggiore in Italia, anche se negli ultimi anni abbiamo assistito a un miglioramento dei valori. Tra i fattori principali troviamo il traffico auto.
La Torino del futuro è una città che dà ampio spazio alla trasformazione della mobilità cittadina, puntando sulla valorizzazione del ferro (tram, metro e treno) e sul disincentivo forte della mobilità privata non necessaria: la maggior parte degli spostamenti in città è di lunghezza inferiore ai 3 km, quindi percorribile a piedi, in bici o con mezzi alternativi. Il rapporto abitanti/auto circolanti è circa il doppio delle altre città europee, questo numero va dimezzato rapidamente, entro 10 anni al massimo.
Se guardiamo fuori dai nostri confini, Spagna e Olanda hanno deciso di istituire il limite dei 30 a livello urbano, con miglioramenti enormi per ambiente, salute, uso dello spazio, rumore e cambiamento climatico.
Quando un Paese prende queste decisioni, le grandi città sono il primo banco di prova. Torino, città dell’auto ormai in crisi, può essere pioniera e di sprone per il resto del paese.
Mutuiamo il modello delle auto di comunità (o di condominio, di isolato, di quartiere) che avrebbero un impatto non solo su ambiente e portafoglio, ma anche sulla socialità e sulla promozione della cultura della condivisione.
È importante che Torino partecipi al network di città che si impegnano a diventare carbon-neutral al 2035 massimo, una grande opportunità anche industriale e economica, visto che è stimato che la transizione ecologica possa generare molti più posti di lavoro di quelli che riduce.
Pensiamo a un programma di edilizia pubblica che promuova case e scuole in classe A per tutti, a cominciare dai ceti più deboli.
A interventi di riqualificazione urbana per piantare alberi, realizzare corpi d’acqua nei quartieri popolari, creare aree di sosta “green” con una pavimentazione che permetta la permeabilità del suolo, riducendo il surriscaldamento estivo senza pesare sui consumi energetici.
La Città si dovrebbe distinguere per essere promotrice di una cultura della cittadinanza e della comunità. Ciò significa favorire progetti educativi nelle scuole – ma non solo, in ogni luogo di aggregazione e rivolgendosi ad ogni età – finalizzati a costruire i cittadini del futuro, che immaginiamo essere un posto migliore del presente. Insegnare a limitare i consumi energetici, a fare bene la raccolta differenziata, ad avere una cultura del riciclo e della lotta allo spreco, a capire cos’è il bene comune, sono esempi di una educazione “civica” che – al di là dei programmi scolastici ministeriali – il Comune deve promuovere per fare il bene dei suoi cittadini e per garantire loro un futuro migliore in città.
Anche in questo campo il ruolo dell’amministrazione pubblica è elemento centrale.
Il Comune di Torino, inteso come “struttura” comunale nel suo complesso (fatta di uffici, di strumentazioni di varia natura, di strutture immobiliari – centrali e periferiche – di mezzi di trasporto e ovviamente di persone) deve dare il buon esempio e trasformarsi in una realtà “sostenibile” che definisce obiettivi di riduzione dei consumi, di utilizzo di energie esclusivamente da fonti rinnovabili, di riciclo, di acquisti esclusivamente green (da aziende che sono in grado di dimostrare la loro proattività) e che si dota per questo di una certificazione ambientale (es. EMAS) per dimostrare politiche, impegni e risultati.
Deve essere soggetto promotore esclusivamente di iniziative di sviluppo che siano coerenti con logiche di sostenibilità. Deve per questo investire nel formare dirigenti ed operatori ai vari livelli che siano in grado di considerare oltre alla valutazione di coerenza politica ed amministrativa una valutazione sociale ed ambientale nella definizione di ogni scelta (strategica o operativa).
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