CULTURA

Nell’ultimo ventennio è stato portato avanti il mantra “Torino Città della Cultura” come alternativa alla vocazione produttiva manifatturiera in crisi. Oggi, a distanza di tempo, possiamo con serenità dare una lettura critica, senza retorica, di quanto è stato fatto e immaginare quale possa essere il futuro realmente perseguibile.  

Il bilancio delle cose fatte è enorme, a partire dalle eccellenze di punta: Museo Egizio, Museo del Cinema, Fondazione Torino Musei, Reggia di Venaria, Rivoli e il mondo dell’arte contemporanea, Salone del Libro. Ma un elenco puntuale rischierebbe di tralasciare realtà altrettanto importanti o la miriade di esperienze in divenire: cartelloni teatrali, festival musicali, librai ed editori indipendenti.

Nei cinque anni passati mi sono molto occupata di Teatro Regio, una ferita ancora aperta nella città. È necessario lavorare per uscire in tempi brevissimi dal commissariamento e immaginare di usare anche i fondi del PNRR per dare nuova linfa e lustro a una delle istituzioni teatrali più importanti d’Europa, messa in crisi da interessi personali e politiche di basso cabotaggio.
Ma la storia culturale della Città di Torino degli ultimi decenni deve molta della sua capacità innovativa anche alle esperienze portate avanti dall’associazionismo. I numerosi circoli e spazi sociali e culturali hanno offerto luoghi di ritrovo e socialità inclusivi per contrastare le solitudini, spazi di sperimentazione artistica e culturale e forme di welfare di comunità in risposta ai crescenti bisogni sociali, dimostrando una notevole capacità di intercettare le istanze del territorio e creare forme di partecipazione e cittadinanza attiva.

Una società impaurita, che sovrappone in modo sempre più automatico (quanto frustrante) la ricerca della felicità con il successo economico individuale, scopre nei momenti di crisi – e lo abbiamo visto chiaramente in questi ultimi mesi – il valore delle comunità solidali, della partecipazione democratica, del volontariato. Per questo Torino è e dovrà restare la città dei circoli, dell’associazionismo e degli spazi culturali indipendenti, non dandone per scontata la presenza ma valorizzandone l’importante ruolo che ricoprono nella coesione sociale della nostra comunità.

È fondamentale prevedere un profondo intervento nelle politiche dell’associazionismo e della rigenerazione urbana, per affrontare le tante problematiche che tuttora sussistono nei rapporti tra pubblica amministrazione, spazi e mondo non profit.

Sarà importante istituire un albo degli spazi culturali e sociali della Città, riformando il sistema delle convenzioni, che consenta di mappare e aggiornare il patrimonio di attivismo e partecipazione torinese, stabilire parametri democratici, prevedere agevolazioni e contributi, scambiare buone pratiche, favorire economie di scala e mettere a disposizione e far crescere competenze, rivolto a tutti i soggetti che dimostrano avere un impatto sociale rilevante per la nostra città. 

Si dovrà quindi rimettere al centro, rivedendone anche eventualmente i regolamenti, questioni fondamentali per la vita dei circoli e delle associazioni come: la durata e le condizioni delle concessioni, la coprogettazione e le modalità di finanziamento, in alcuni casi superando i tanti limiti determinati dall’attuale sistema basato solo su bandi annuali. 

La Riforma del Terzo settore, inoltre, ha impresso una svolta epocale nel mondo dei circoli e delle associazioni: nuove opportunità, nuovi adempimenti; uno scatto in avanti di maturità all’interno del quale l’amministrazione comunale deve e può avere un ruolo importante. 

Torino ha anche bisogno di un grande progetto sulle biblioteche pubbliche per farle diventare non solo spazi di lettura, ma nuovi presìdi socio-culturali al servizio della cittadinanza e delle reti associative in ciascuna circoscrizione.

Lavoriamo per far nascere un tavolo cittadino in cui politiche culturali e politiche sociali ed educative si confrontino periodicamente, in uno scambio di senso perché la cultura possa dare reale sostegno e benessere alla cittadinanza. L’educazione, anche e soprattutto quella non formale, che passa attraverso diverso tipologie di attività culturali, è forse uno dei pochi, se non l’unico strumento da recuperare e su cui investire per sostenere i quartieri marginali, le comunità stranieri, gli anziani in difficoltà, la cittadinanza tutta. In un movimento che attraverso la condivisione porti a un nuovo senso di appartenenza alla società e quindi di rinnovato rispetto del Bene Comune.

L’attuale contesto pandemico ci obbliga, inoltre, a pensare e sviluppare azioni educative e culturali che siano frutto di una corretta e funzionale ibridazione tra l’impiego dei media digitali e l’attività on site, in presenza. I mesi passati ci hanno permesso di comprendere quanti e quali strumenti possediamo per farlo, ma mancano momenti di formazione, di alfabetizzazione digitale sia per educatori sia per docenti, così che il mondo della cultura e quello della scuola siano in grado di continuare a tenere vivo il dialogo con i giovani.

È necessario, infine, lavorare in dialogo con le istituzioni nazionali a un adeguamento del sistema delle professioni legate a musei ed enti di cultura, affinché gli operatori del settore possano essere riconosciuti come professionisti con diritti, doveri, contratti di lavoro, retribuzioni e ruoli adeguati a ciò che effettivamente e concretamente svolgono nel quotidiano. Un patrimonio umano immenso che permette a Torino, al Piemonte e all’Italia di trovare nel settore cultura e turismo uno dei maggiori canali di sviluppo e crescita della nostra società contemporanea.

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