L’Unione Europea, dopo anni di austerità insensata e dannosa per le economie dei Paesi che la compongono, ha ritrovato uno slancio significativo e rapido nella risposta alla crisi economica causata dalla pandemia da coronavirus. Il Piano Next Generation EU ha messo a disposizione per gli Stati Membri quasi 800 miliardi di euro di cui, come noto 200 arriveranno nel corso degli anni all’Italia. Il Piano Next Generation EU ha prodotto in Italia il PNRR che dovrà investire queste enorme risorse per far ripartire l’economia, aiutare le piccole e medie imprese, favorite la transizione ecologica e digitale e puntare sull’innovazione. Occorre però ricordare che accanto a questa misura straordinaria predisposta dall’Europa rimangono i classici canali di finanziamento dei progetti contenuti nel bilancio europeo.
Come si sa il problema sarà la capacità del Paese e soprattutto dei territori e delle città di assorbire queste ingenti risorse. E in questo senso, purtroppo, Torino negli ultimi anni ha dimostrato di non essere preparata. Torino è l’unico capoluogo di regione italiano che negli ultimi anni ha diminuito la sua capacità di ottenere finanziamenti dai fondi europei. Da Milano a Palermo, da Napoli a Genova tutte le grandi città hanno ottenuto più soldi dall’attuale bilancio europeo rispetto al precedente, mentre Torino ha “perso” circa 350 milioni di euro (fonte Opencoesione.it). Li ha persi la Città ma li ha persi il territorio nel suo complesso. Ecco perché Torino deve dotarsi di uno speciale HUB europeo con funzionari, esperti, giovani donne e uomini a supporto di tutte le attività che vorrebbero approcciarsi ai finanziamenti europei ma non hanno competenze o personale. Un Ufficio nuovo che faccia progettazione innovativa per la città, costruisca alleanze con altre grandi metropoli europee per sviluppare alleanze per la realizzazione di progetti che vadano oltre la ristrutturazione di qualche palazzo. La sfida della nostra città, come abbiamo detto più volte, è creare occupazione buona e duratura e porre le condizioni perché agli investimenti che possono arrivare dall’Europa se ne aggiungano altri privati.
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