I beni comuni

Torino, un’amministrazione condivisa

Negli ultimi dieci anni Torino ha cambiato volto. Non lo diciamo solo noi, o i mass media. Lo dicono i numeri.

La nostra città non è più soltanto un importante polo industriale ma è diventata la città della cultura, dei saperi, dell’innovazione. Una città che ha sì subito la crisi ma senza piegarsi, cercando al suo interno energie che hanno dato vita a nuove forme di sviluppo e di socialità.

Questa nuova identità ha sviluppato un senso di appartenenza ai territori che prima era sopito, ha dato vita a nuove realtà associative locali, a progetti di rigenerazione urbana, alla nascita di luoghi di incontro e di condivisione. Situazioni che stanno creando sviluppo e che stanno trasformando Torino “dal basso”. Le amministrazioni di centrosinistra sono state parte attiva di questi cambiamenti sostenendoli, promuovendoli e creando le condizioni affinché queste forme di collaborazione e di crescita si mettessero in rete, aumentandone il potenziale.

L’ultimo step di questo percorso è stata l’adozione del “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la valorizzazione dei beni comuni”. Uno strumento innovativo, creato da esperienze di collaborazione nate a Bologna e che si sta diffondendo in tutto il Paese con l’obiettivo di “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” (art.118 della Costituzione, riforma 2001).

I beni comuni sono tutte quelle realtà, naturali e culturali, materiali e immateriali, che non coincidono né con la proprietà privata, né con la proprietà dello Stato, ma esprimono diritti inalienabili dei cittadini. Sono beni comuni quei beni che cittadini e amministrazione riconoscono essere funzionali al benessere individuale e collettivo, il cui arricchimento arricchisce tutti e il cui impoverimento impoverisce tutti. Tutti ne possono godere e nessuno può escludere gli altri dalla possibilità di goderne. Si pensi, per esempio, ai parchi, ai musei, alle biblioteche, ai circoli ricreativi, all’acqua pubblica.
L’obiettivo è far comprendere ai cittadini che i beni comuni sono luoghi di tutti e non terra di nessuno, che conviene prendersi cura dei luoghi in cui si vive perché la qualità della vita dipende anche dalla qualità degli spazi a disposizione di tutti, che l’utilizzo di questi luoghi può creare delle situazioni di collaborazione e sviluppo.

John F. Kennedy chiedeva agli americani di domandarsi cosa potessero fare loro per l’America, invece di chiedere all’America cosa potesse fare per loro. Oggi questo motto vale anche per Torino. Mettiamoci in gioco per la nostra città. Riappropriamocene. Continuiamo a costruire la nostra “Torino Bene Comune”.

Tra le cose che Torino può fare vi è senza dubbio l’abbracciare il modello open gov per promuovere trasparenza, collaborazione, partecipazione e, soprattutto, progresso economico e civile. Diventare la prima città metropolitana dove i dati sono aperti per definizione. Una città che sappia realmente valorizzare il proprio patrimonio informativo.

Lavorare sugli Open Data di nuova generazione, dove i sensori sono i cittadini, le loro espressioni e interazioni pubbliche nel nuovo spazio di esistenza costituito dai social network. Fino ad oggi i dati provenivano per la maggior parte da amministrazioni, strade, reti idriche, edifici, consumi di energia, mai dai social network e dalle reti relazionali. Oggi è possibile trasformare l’ecosistema relazionale che si esprime nella sua dimensione digitale in un nuovo commons immateriale: un nuovo bene comune.

Accanto ai nuovi beni comuni, Torino ha tutte le carte in regola per affermarsi come il nuovo polo delle tecnologie civiche: amministrazioni aperte, nuove idee, progetti e imprese con l’obiettivo di migliorare la qualità del governo metropolitano e della vita dei suoi cittadini.